lunedì 15 dicembre 2008

NEL SEGNO DI VICTOR GISCHLER

Carissimi, per quanto mi riguarda il NOIRINFEST di Courmayeur si è svolto nel segno di Victor Gischler che ha conquistato proprio tutti - da SERGIO ALTIERI a ANDREA G. PINKETTS - con un libro come LA GABBIA DELLE SCIMMIE che, come ha detto bene il re dell'action thriller italiano, "è il film che avrebbe dovuto fare Quentin Tarantino se avesse lavorato con sceneggiature migliori". Insomma, più chiaro di così? Grazie SERGIO. Comunque è stata un'esperienza veramente geniale con quello che in più occasioni si è definito The Most Flexible Man, ed in effetti Victor è davvero una persona squisita e disponibile.
La presentazione del libro, curata da SERGIO ALTIERI, non avrebbe potuto essere più coinvolgente e il finale sulle note di I walk the line di Johnny Cash, quasi a riprendere una scena del romanzo in cui il brano dell'Uomo in nero fa da sottofondo, è stata un'idea assolutamente azzeccata.
Penso che con Lansdale e Quinlan, Gischler sia oggi il miglior noirista in circolazione, spero che questi miei post possano contribuire a renderlo più popolare in Italia perchè davvero merita il successo.
Un talento enorme.

Matteo Strukul

giovedì 27 novembre 2008

INTERVISTA A CESARE CREMONINI


CANZONI COME PICCOLI ROMANZI

di Matteo Strukul

Cesare Cremonini è caricato a mille. Non solo perché il suo nuovo disco – Il primo bacio sulla luna – al suo debutto è schizzato al primo posto della classifica italiana ma anche perché come dice lui: “Sono contento di partire per il tour e di poter parlare di questo nuovo album, è una cosa che mi entusiasma”. Non a caso quest’energia è proprio quella che brucia le note del brano Dicono di me che, continua Cremonini: “è stato il singolo apripista dell’album, volevo infatti che la prima canzone nuova potesse costituire un ritorno chiaro, facile da comprendere e magari con una sua gradevole leggerezza, il primo approccio doveva essere dolce e tondo. Volevo riprendere il mio linguaggio, che, più in generale, è ciò che meglio caratterizza la musica di un artista se è vero che oggi è difficile essere originali nei contenuti: è stato già detto tutto. Per questo freschezza e spontaneità di linguaggio devono essere, a mio giudizio, al centro della musica italiana perché dobbiamo valorizzare il nostro vocabolario che è fra i più importanti, e ricchi della cultura mondiale”.
Ma non ci sono solo brani ariosi e chiari nell’album, c’è invece anche quel suo talento, prepotente, di saper concentrare in quattro minuti di canzone storie anche complesse e ricche di movimento, quasi fossero delle mini-sceneggiature. “Ho sempre cercato di seguire, con le mie canzoni, i miei stati d’animo, i cambiamenti del mio modo di vivere e di pensare. Con una canzone come Le 6 e 26 affronto un concetto di brano che era tipico della musica d’autore anni ’60, quella in particolare di Mogol e Battisti e di Dalla. Penso ad esempio a 29 settembre in cui il protagonista della canzone abbraccia la vita e ne racconta le contraddizioni. Esce di casa, incontra l’amante, tradisce la moglie, torna, si pente, si scusa e dopo il risveglio capisce di aver sognato. Insomma sono brani dinamici e ricchi di cambi di prospettiva, elementi che alla più recente canzone italiana sembrano mancare. Gli artisti del nostro passato ci hanno insegnato che le modalità di espressione possiedono un’ampia gamma di possibilità. Le 6 e 26 cerca di far tesoro di questa lezione tentando di proporre, come in altre mie canzoni, un piccolo, umile romanzo che fotografa Bologna nelle sue anime più diverse: il profano e il sacro, le prostitute seminude nei viali del centro e le chiese illuminate a giorno durante la notte, il profumo del vino e delle osterie e l’odore d’incenso delle processioni della domenica mattina”.
L’incisione del nuovo lavoro in un proprio studio ha dato ulteriori motivazioni a Cremonini che ci tiene a precisare: “la possibilità di avere un mio studio di registrazione mi ha permesso di lavorare con serenità e di pensare al futuro. Specie in un periodo come questo in cui la crisi dell’industria discografica è sotto gli occhi di tutti. L’errore è stato quello di assecondare quella superficialità che ha smarrito la fiducia del pubblico. Le persone hanno un cuore, una testa e la capacità di andare in profondità nella propria vita anche attraverso le canzoni. La libertà che ho oggi mi permette ancor di più di offrire un lavoro di qualità, credo, abbassando contemporaneamente i costi di produzione”.
Per quel che riguarda il tour, che arriverà a Padova il 19 dicembre al Palanet, Cremonini si sbottona almeno un po’: “Sarà il concerto più lungo che ho mai fatto, mescolerò i brani nuovi con i miei cavalli di battaglia e ci sarà un bel bilanciamento fra i diversi generi che caratterizzano il mio stile: dal rock al cantautorato, al piano e voce, fino all’ acustico, al jazz e la musica classica”.

Articolo pubblicato su IL MATTINO DI PADOVA, LA NUOVA DI VENEZIA E MESTRE e LA TRIBUNA DI TREVISO in data 22 novembre 2008


venerdì 14 novembre 2008

VICTOR GISCHLER SU VELVET

VICTOR GISCHLER con un fantastico racconto su VELVET. Uno degli autori che amo di più con un autentico saggio di bravura, a p. 126. Splendido il gioco immagini - parola scritta.


giovedì 30 ottobre 2008

L'INTERVISTA: ZUCCHERO FORNACIARI




«Sulle mie radici la magia della musica nera»

Doppio live in cd e dvd in arrivo e due concerti in chiusura tour a Padova e Conegliano

«Ho suonato con alcuni grandi, ma non mi sono mai dimenticato da dove venivo»

di MATTEO STRUKUL

Nel mezzo di un tour mondiale che dopo Stati Uniti, Canada e Sudamerica toccherà a breve Australia e Inghilterra, con un album intitolato All the Best - che seleziona i suoi successi - dietro le spalle, e un doppio live in arrivo a fine novembre, Zucchero «Sugar» Fornaciari sembra voler fare il punto di una carriera strepitosa. Magari per poi ripartire e andare a vedere cosa c’è dietro la prossima collina. Così, quella sua voce ipnotica, che arriva dall’altra parte del telefono e pare il lento scorrere del fiume del blues, indugia volentieri e con pigra cortesia sui temi fondamentali di una carriera che tanti artisti, italiani e non, si possono solo sognare.
«Sono stato folgorato sulla via di Damasco - dice Zucchero - intorno ai nove anni, grazie a un mio amico di Memphis che era mio vicino di casa ed aveva molti più anni di me. Frequentava la facoltà di veterinaria a Bologna. Grazie a lui ascoltavo i 45 giri di Otis Redding, pezzi straordinari come Sittin’ on the Dock of the Bay e poi gli album di Ray Charles e Aretha Franklin. Sentivo anche i gruppi italiani di allora come i Nomadi e l’Equipe 84 che fra l’altro erano originari della mia zona, ma rimasi folgorato dal ritmo sincopato della musica nera. Dentro c’era davvero tutto: la sensualità, la malinconia, la gioia, il sacro, il profano, i suoni, il modo incredibile di cantare. Crescendo la mia passione di ragazzo è rimasta: il blues, il soul e tutto quello che ne deriva musicalmente parlando sono ancor oggi la mia strada maestra e credo sia interessante per me portare avanti un tentativo di contaminazione. Come Eric Clapton ha innestato nel blues il british pop, così io ho cercato di mescolare le radici e le suggestioni della mia terra emiliana con la musica del diavolo».
Quando si passa a parlare proprio dei grandi artisti con cui ha collaborato - Eric Clapton, BB King, Miles Davis fra gli altri - Zucchero non ha dubbi sulla ricchezza che questo tipo di confronto ha portato con sé. «E’ stata per me un’iniezione di fiducia e coraggio, noi italiani abbiamo a volte la tendenza a sminuirci, a chiedere permesso, invece ricordo ancora quando dopo aver sentito il mio disco, Blues, Miles Davis disse che la mia voce gli piaceva al punto che avrebbe voluto suonare la tromba su una mia canzone. Mi fu chiaro che, nell’aver toccato le corde di un musicista così importante e diverso da me, qualcosa di buono la mia musica doveva avercelo per forza. Quello è stato il mio lasciapassare. Poi sono arrivate le collaborazioni con Eric Clapton, John Lee Hooker e BB King. Ho capito che non stavo facendo soltanto un fritto misto di generi suonati insieme ma che quello che avevo scritto arrivava in modo forte. Però, come dicevo, non mi sono dimenticato da dove venivo: anche se oggi i miei tour mi portano in giro praticamente ovunque credo sia importante mantenere ben salde le proprie radici, gli odori, i colori, i profumi della terra. Per questa ragione la provincia è fondamentale: Vasco Rossi, Bruce Springsteen, Otis Redding, Ray Charles Charlesvengono tutti da lì, non credo sia un caso. La provincia ti consente di avere la voglia di venire fuori, di uscire da una certa staticità con una consapevolezza forte che, forse, la città non ti dà».
Sulla dimensione live che caratterizzerà il prossimo doppio album, dal vivo appunto, che uscirà il 28 novembre, Zucchero sottolinea: «Ho sempre curato molto il live, mi sento più un performer, il mio habitat naturale è dal vivo e, paradossalmente, mi sono accorto che non avevo mai fatto un disco live ad eccezione del Live at Kremlin che peraltro è stato registrato su un due piste e pubblicato così com’era, insomma cotto e mangiato, senza aver prima pianificato una registrazione per un album dal vivo. Questo è quindi il mio primo vero album live e sarà un documento importante: per me e per coloro che apprezzano la mia musica».
E allora, il 6 dicembre, Padova aspetta al Pala San Lazzaro proprio la straordinaria carica live di Zucchero Fornaciari. E il giorno dopo anche Conegliano lo potrà sentire per l’ultimo concerto del tour. Sappiamo che non deluderà.

Pubblicato su Il Mattino di Padova, La Nuova di Venezia e Mestre e La Tribuna di Treviso di mercoledì 29 ottobre 2008

mercoledì 29 ottobre 2008

INTERVISTA A ZUCCHERO FORNACIARI

Su IL MATTINO di PADOVA di oggi è stata pubblicata una mia intervista a Zucchero "Sugar" Fornaciari, nei prossimi giorni inserirò l'articolo.

martedì 7 ottobre 2008

SLASH


Un capolavoro dai ragazzi di casa BD, presto una bella recensione su JAM, nel frattempo diciamo che si tratta di una lettura a dir poco essenziale per qualsiasi Guns fan e più in generale di ogni rock'n'roll heart che si rispetti.
EPOCALE.

sabato 20 settembre 2008

IL CAVALIERE ELETTRICO

Debutta oggi in libreria il cavaliere elettrico.
Qui sotto una scheda introduttiva al libro.

L’ARTISTA CHE HA CREATO IL ROCK D’AUTORE ITALIANO
"Lou Reed mi disse che se gli americani sono figli dei cow-boy e dei Padri Pellegrini, noi italiani discendiamo da modelli di classicità assoluta. Dunque, perché non riappropriarsene? Aveva ragione."
Massimo Bubola

Massimo Bubola è una figura centrale nella canzone d’autore italiana. Negli oltre trent’anni della sua carriera ha composto diciannove album (compresi compilation e live) e scritto più di trecento brani. Già alla fine degli anni ’70 Bubola trasfonde nelle sue canzoni la potenza del linguaggio del rock, senza rinunciare a una poetica che si abbevera alla tradizione della musica popolare e della canzone d’autore italiana.Miscelando questi elementi, arriva a maturare una formula musicale ricca di suggestioni letterarie che è stata definita ’rock d’autore’. Non a caso è proprio al sodalizio con Bubola che si devono i due album del periodo folk rock di Fabrizio De Andrè: Rimini e L’indiano.Ma l’autore veronese continua a sviluppare un percorso personale, che porterà alla creazione di un’epica musicale attraverso i ritratti di personaggi storici come Giuseppe Garibaldi, Dino Campana, Tina Modotti, o con la moderna rivisitazione della latinitas di Eurialo & Niso. Questa epopea rock, figlia delle tradizioni italiane, nulla ha da invidiare a quella a stelle e strisce di Bob Dylan e suggerisce in ambito musicale le medesime istanze che costituiscono la spina dorsale della New Italian Epic di oggi.Per questo Matteo Strukul, critico musicale fra i più attenti e preparati della nuova generazione, ha deciso di raccogliere la testimonianza di Massimo Bubola: per porre in luce i guizzi e le riflessioni, la letteratura e l’istinto rock che caratterizzano l’intera sua opera.Album per album, canzone per canzone, in una lunga intervista che incrocia il commento ai testi, Il cavaliere elettrico svela le immagini preziose di una poesia che non rinuncia alla sensualità e alle contaminazioni d’oltremanica e d’oltreoceano.Questo è un vero viaggio romantico, una straordinaria avventura letteraria che vive nel dialogo e nell’amore incondizionato per la musica.



venerdì 5 settembre 2008

NATO PER UCCIDERE

Il romanzo di un maestro. Questo "Nato per uccidere" di Charles Willeford ripropone la grande epopea americana raccontata degli scrittori del sud e culla il lettore nei grandi spazi della Florida, fra galli da combattimento e uomini d'onore, morti ammazzati e promesse che non possono essere spezzate.
Definire questo romanzo un noir non è una diminutio, anzi, in un mondo dove tutto ormai è diventato nero "Nato per uccidere" è un libro emblematico per il genere che rappresenta perchè cattura quella violenza vergine, quel senso di ineluttabile e indicibile, quell'ossessione oscura e affamata che sono gli elementi costitutivi della spina dorsale del noir.
Una trama semplice e rigorosa, personaggi scavati nel dolore come le gole dei galli sventrati nelle arene, un mondo rurale e spietato, fatto di passioni fiammeggianti e di colori vivi e accesi, amori finiti male e vendette consumate a distanza di anni, sono gli ingredienti vincenti di un autore che si pone nel solco della grande tradizione a stelle e strisce.
Menzione d'onore per una copertina perfetta, oltremodo evocativa e tutta giocata su toni di bruno che rimandano al tabacco e al sangue coaugulato, alla terra e alla pelle scura, tutti elementi protagonisti nel gotico affresco tratteggiato in modo affascinante dalla penna calda e ispirata di WIlleford. Nella speranza che questo in edizione tascabile, davvero curatissima, sia il primo di una lunga serie di romanzi di Willeford per l'attenta e lucida Hobby & Work.
Chapeau.

mercoledì 27 agosto 2008

UNA STAGIONE SELVAGGIA


Ok, lo sappiamo, Lansdale è una forza della natura e questo post sembrerà, a tutti i suoi lettori, a dir poco tardivo. Ciò non toglie che valga la pena tornare su quella che è la prima avventura della più squinternata e delirante coppia di detective della crime fiction, inventata dallo scrittore texano. Parliamo di Hap e Leonard. Ma parliamo anche di una storia che mette in luce uno stile costruito su eleganti descrizioni, capaci di tratteggiare in modo vivido ed efficace un Texas sporco e ghiacciato, abitato da una razza umana bastarda per natura. E poi un intreccio apparentemente semplice e prevedibile va ad esplodere in un finale che è un'escalation di violenza e tradimenti. Mescolando il sogno americano andato in frantumi con gli spettri degli anni '60 - il pacifismo, le rivoluzioni studentesche, i movimenti radicali, il folk, il power flower - e patinando di idealismo da supermarket una caccia al tesoro che prevede il recupero di un milione di dollari nel letto di un fiume ghiacciato; Lansdale dà libero sfogo al proprio selvaggio talento narrativo, combinando uno humour corrosivo con caratterizzazioni di personaggi originali ed indovinate e dialoghi che sembrano uscire da una sceneggiatura di Quentin Tarantino. Fenomenale.

martedì 26 agosto 2008

LA GABBIA DELLE SCIMMIE

Prendete un killer professionista e un collega psicopatico con un debole per gli esplosivi. Aggiungete una gang scalcinata di malavitosi che giocano a Monopoli nel retro di una bettola della Florida. Condite il tutto con una caccia all'uomo in cui Mala e FBI cercano a turno di mandare fuori giri una preda che non si lascerà inchiodare tanto facilmente. Otterrete un capolavoro. Victor Gischler - che appartiene alla new wave del noir americano insieme a Duane Swierczynski, Sean Doolittle, Dave Zeltserman e Anthony Neil Smith - padroneggia dialoghi e azione in modo splendido. Un plot dal ritmo incalzante, atmosfere sanguinarie e iniettate di humour, colpi di scena e sequenze mozzafiato conferiscono a "La gabbia delle scimmie" un sapore inconfondibile. Fra Quentin Tarantino e Sam Peckimpah, fra Elmore Leonard e Joe Lansdale. Un talento mostruoso. Da comprare a scatola chiusa.